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martedì 1 gennaio 2013

SIAMO TUTTI INTELIGENTI


“Ecco dunque un principio essenziale: insegnare i dettagli significa portare confusione. Stabilire la relazione tra le cose, significa portare la conoscenza. 
Maria Montessori 
Tradizionalmente, quando pensiamo al concetto di intelligenza, pensiamo al Q.I. ovvero il quoziente intellettivo e la sua misurazione.  Esso viene sondato attraverso dei test che vanno ad indagare le abilità logico-matematiche e le funzioni verbali.  Accanto a questa visione classica dell’intelligenza, negli ultimi vent’anni si è affermato un nuovo modo di concepire le potenzialità di un individuo e lo sviluppo del bambino. Si sono, infatti, affermati concetti come quello di intelligenza multipla di Gardner e di intelligenza emotiva di Goleman. Secondo il primo studioso non esiste una facoltà comune di intelligenza, bensì diverse forme di essa, ognuna indipendente dalle altre, come ad esempio l’intelligenza musicale (saper riconoscere il ritmo, ricordare facilmente la musica) e quella corporea (capacità di usare tutto il corpo, abilità motorie). Secondo questo approccio noi disponiamo di 8 tipi di intelligenze e ognuno di noi, a seconda delle sue opportunità e del contesto, ha maggiori potenzialità in alcuni campi rispetto che ad altri (ex: un bambino può avere facilità ad apprendere le lingue straniere, ma non avere il senso dell’orientamento o non riuscire a memorizzare una canzone nuova). Goleman pone, invece, il focus sulla consapevolezza e sul controllo delle proprie emozioni, ovvero la capacità di relazionarsi con gli altri, di empatizzare, di provare sentimenti e controllare emozioni negative. Evidenze scientifiche hanno mostrato come l’intelligenza emotiva ha un valore maggiore per stabilire le capacità di successo di una persona, inclusa la sua capacità di essere felice nella vita.  E la buona notizia è che l’intelligenze emotiva si apprende. Se siamo genitori dotati di buone competenze emotive riusciremo a stimolare i nostri bambini ad avere più attenzione, a calmarsi più rapidamente, a leggere e dare un nome alle emozioni che il bambino sta provando (ex: un attacco di rabbia) per delimitarne i confini e imparare a controllarli.

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